La valutazione di una startup è un tema di grande rilevanza per gli investitori e di conseguenza qualsiasi startupper deve padroneggiarlo se vuole trovare finanziamenti per il proprio progetto e vedere riconosciuti adeguatamente i propri meriti.
Valutare una startup è ovviamente molto più difficile rispetto a valutare un’impresa già matura, soprattutto quando la startup è nelle prime fasi di vita. Ci sono, infatti, posizioni diverse sul metodo migliore da utilizzare, a volte discordanti, e spesso fanno notizia casi eclatanti di valutazioni esageratamente sottostimate o sovrastimate di alcune startup di fronte agli effettivi risultati nel tempo.
Perché è importante la valutazione di una startup
Per uno startupper, conoscere il valore della propria attività imprenditoriale è fondamentale per presentarsi con cognizione di causa ai potenziali investitori o finanziatori e avere dei parametri di riferimento senza rimanere in balìa di stime altrui. Ma anche per monitorare l’andamento del progetto e individuare punti di forza e punti di debolezza su cui intervenire.
Nelle prime fasi di vita di una startup, quando ancora di numeri ce ne sono pochi, o non ce ne sono affatto, la valutazione è particolarmente soggetta a variabilità e vede mescolarsi parametri quantitativi e parametri qualitativi. Soprattutto in questa fase, saper fornire valutazioni credibili e motivate è una strategia per trasmettere il proprio valore (reale e potenziale) in modo efficace ai potenziali investitori.
La valutazione di una startup, inoltre, è l’informazione che permette di calcolare l’entità in percentuale di ciascuna quota di partecipazione da assegnare a investitori di tipo equity. È quindi un passaggio preliminare imprescindibile di qualsiasi operazione di finanziamento in ambito equity e di aumento di capitale.
KPI: cosa sono e a cosa servono
I KPI sono i Key Performance Indicator, cioè gli indicatori chiave di performance usati per monitorare e misurare l’andamento di un’impresa o di un’attività specifica e dimostrarne la validità. Ne esistono innumerevoli, ma non per tutte le attività servono tutti, anzi, sarebbe estremamente controproducente in termini di tempo e rilevanza dei dati non fare un’adeguata selezione dei KPI davvero significativi per il proprio business.
Nella pratica, i KPI o le metriche sono valori numerici che sintetizzano i risultati ottenuti da determinate attività in relazione ai loro obiettivi (ottenere ricavi, acquisire dati, acquisire clienti ecc.). I dati su cui si basano dipendono ovviamente dal tipo di attività, e possono essere, oltre ai semplici dati di vendita, i feedback dei clienti, le azioni compiute dagli utenti a cui un’attività era indirizzata, il tasso di abbandono di un sito web, il tasso di click su un determinato contenuto ecc.
Spesso le metriche funzionano bene se utilizzate in coppia, cioè confrontando due parametri tra loro per ottenere un terzo dato più significativo dei primi due presi singolarmente.
I principali KPI utili per la valutazione di una startup si possono suddividere in tre categorie:
- di validazione
- di performance
- finanziarie.
Queste sono tutte metriche quantitative, mentre le metriche qualitative sono per esempio le recensioni dei clienti, ma da sole hanno poco valore perché sono soggettive, spesso imprecise ed esposte a influenze esterne. Possono essere utilizzate in abbinamento alle metriche quantitative.
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Metriche di validazione
Le metriche di validazione sono utili in fase di lancio di un nuovo prodotto sul mercato o appena dopo il lancio, per valutare la risposta del mercato e individuare punti deboli e punti di forza del prodotto.
Alcuni esempi:
- conversion rate (tasso di conversione), ovvero la percentuale di persone che hanno compiuto un’azione rilevante desiderata rispetto al totale di persone esposte allo stimolo (una registrazione di un account, una condivisione, l’utilizzo di un servizio, il download di un contenuto, l’acquisto o il test di un prodotto/servizio ecc.)
- retention rate (tasso di fidelizzazione), ovvero la percentuale di clienti mantenuti in un dato periodo di tempo considerato.
- churn rate (tasso di abbandono), ovvero la percentuale di clienti persi in un determinato periodo di tempo.
Metriche di performance
Le metriche di performance, invece, monitorano l’andamento di un business e riguardano perciò soprattutto imprese in crescita ma già attive sul mercato da un periodo di tempo sufficiente per avere dati di costi e ricavi.
Alcuni esempi:
- costo di acquisizione cliente, ovvero tutte le spese sostenute per acquisire un singolo nuovo cliente (spese per il marketing, per la commercializzazione, per i dipendenti);
- lifetime value (valore del ciclo di vita del cliente), ovvero una stima delle entrate che un cliente porterà nel tempo, basato sulle abitudini di acquisto mensili/annuali medie per ogni cliente;
- monthly recurring revenue (entrate ricorrenti mensili);
- daily active users/monthly active users (utenti attivi giornalmente e mensilmente), ovvero la frequenza di interazione online con un servizio offerto da un software oppure con un ecommerce. Misura il livello di engagement.
Metriche finanziarie
Le metriche finanziarie servono principalmente a verificare la sostenibilità economica di un modello di business e quindi a dimostrarne la fattibilità in vista di una raccolta di finanziamenti. Sulla base di questi KPI, inoltre, si può definire con cognizione di causa la quantità di risorse necessarie per una startup. In fasi di crescita più avanzate le metriche finanziarie servono internamente a ottimizzare la gestione del budget ed esternamente a dimostrare la redditività dell’impresa.
Alcuni esempi:
- margine di profitto lordo, ovvero il rapporto tra costi di produzione ed entrate;
- cash burn rate, ovvero la quantità di risorse economiche spese per le attività regolari e per la crescita in un dato periodo di tempo (di solito al mese);
- rapporto di liquidità, ovvero la capacità dell’impresa di pagare le passività con la liquidità a disposizione.
Come sfruttare al meglio i KPI
I dati sono fondamentali, ma bisogna saperli interpretare e usare. Innanzitutto, come abbiamo già accennato, è importante sapere quali dati servono e lasciare da parte quelli superflui o fuorvianti.
Le prime fasi di vita di una startup servono agli startupper per conoscere a fondo il proprio progetto: per capire quali metriche sono significative per un business bisogna averne ben chiara la natura, le caratteristiche distintive, gli obiettivi a breve, medio e lungo termine, il target sia di clienti sia di investitori.
A quel punto si avrà un’idea chiara del punto di partenza e dei punti di arrivo (non è mai uno solo!) e si possederanno gli strumenti (cioè le metriche) per misurare i progressi fatti. Una misurazione che dev’essere costante, cadenzata con regolarità e attentamente monitorata lungo tutta la vita dell’impresa, nonché adattata ai cambiamenti delle esigenze e delle attività.
Può essere utile, soprattutto per le startup, un “occhio esterno” che fornisca uno sguardo professionale alla valutazione di una società, dando supporto nell’individuazione delle metriche più rilevanti e nell’utilizzo e nell’incrocio dei dati raccolti. Esistono servizi consulenziali integrati che offrono una visione d’insieme professionale che consente di sfruttare al massimo tutte le fasi della valutazione di una startup: le metriche utilizzate nel processo vanno a costruire la carta d’identità della società e a definire i punti critici di intervento, il valore economico che risulta dalla valutazione va a inquadrare le aspettative di crescita e a sostenere la presentazione della startup ai finanziatori. Il risultato raggiunto è doppio: controllo ed efficientamento dei processi interni e strutturazione della strategia per accedere ai finanziamenti esterni.
Raccogliere finanziamenti per startup: tante strade possibili
Una volta capito quanto vali, è il momento di farlo capire anche a tutti gli altri. Dati, business plan, pitch, valutazioni pre-money ti serviranno per raccogliere le indispensabili risorse economiche che sono il tallone d’Achille di tutte le startup. Senza finanziamenti, infatti, non si cresce.
La buona notizia è che per le startup esiste molto più di una strada percorribile per raccogliere fondi per la crescita. Strade diverse sono più adatte a fasi diverse dello sviluppo di una startup ed è utile predisporre sin dal principio un piano di finanziamento che le consideri tutte.
L’era del prestito bancario come unica opzione per fare impresa è finita e, se oggi raccogliere finanziamenti per una startup può apparire più faticoso, grazie ai numerosi strumenti di finanza alternativa è anche più efficiente.
Il mondo fintech offre opportunità come gli Strumenti Finanziari Partecipativi e il crowdfunding per raccogliere finanziamenti per startup creando contemporaneamente una rete di investitori qualificata e fidelizzata e processi marketing e sales strutturati (ma non solo!). Questo richiede l’approfondimento delle normative su queste opportunità di finanza alternativa e l’organizzazione di attività di definizione, coinvolgimento e gestione nel tempo degli investitori, che possono essere svolte internamente oppure con la collaborazione di consulenti e agenzie esterni a supporto del team.
È evidente che la raccolta di capitale, obiettivo primario e chiodo fisso di ogni startupper, non è che la punta dell’iceberg: prima bisogna concentrarsi su tutto quello che sta sotto, dalla valutazione di una startup alla definizione dei processi a sostegno della crescita.