Il crowdfunding è uno strumento che ha ormai una lunga storia alle spalle, ma soprattutto in Italia appare ancora nuovo e poco conosciuto alla maggior parte delle imprese. O meglio, tutti sanno cos’è il crowdfunding, in linea generale, ma pochi sanno cosa significhi davvero fare una campagna di crowdfunding e quali imprese siano adatte a farla.
Se un’impresa vuole andare in banca a chiedere un finanziamento, sa che ci sono procedure, target e regole piuttosto codificati e condivisi: sa cosa aspettarsi, cosa deve preparare per presentare la richiesta, se ha qualche possibilità di ottenere il prestito (se è una società medio-piccola, probabilmente no).
Chi decide di provare vie alternative, per esempio fondi di Venture Capital o business angel, sa che per ottenere attenzione dovrà rappresentare un’azienda giovane ma con un’idea forte e possibilmente innovativa alla base e con ottime potenzialità di crescita; sa anche che se otterrà dei finanziamenti, verrà anche affiancato nelle decisioni aziendali dai suoi nuovi finanziatori.
Il vasto mondo degli acceleratori e degli incubatori di startup vive quotidianamente la confusione intorno a questi due tipi di soggetti, considerati spesso interscambiabili (scopri qui perché non lo sono). Ma tutti sanno che sono dedicati alle startup e hanno l’obiettivo di supportarle nella fase iniziale, permettendo loro di spiccare il volo.
Quando si parla di crowdfunding, invece… C’è chi crede sia solo per startup squattrinate, chi è convinto che sia solo per imprese ipertecnologiche, chi pensa sia adatto solo a chi fa prodotti o al contrario solo a chi vende servizi, chi pensa sia un passatempo che chiunque può fare come un gioco, chi si illude che sia una vetrina per tutti dove tutti accorreranno (perché è questo che fa il web, no? – No) e così via.
In mezzo a confusione, fraintendimenti e falsi miti, come capire davvero se un progetto è adatto al crowdfunding?
La risposta breve è: prova il Crowdometro di Turbo Crowd, un test messo a punto proprio per aiutare le aziende interessate a risolvere questo dubbio.
La risposta lunga è nella continuazione di questo articolo.
Quando si può fare crowdfunding?
Il crowdfunding è adatto a diverse fasi della vita di un’impresa, ma non proprio a tutte.
Aspiranti imprenditori o imprenditrici che hanno un’idea di business ma sono ancora nella fase di raccolta informazioni e costruzione del progetto dovrebbero evitare di bruciare le tappe e pensare subito alla raccolta di capitali: più conveniente ed efficace è concentrarsi sulla fase di studio del mercato e definizione del prodotto/servizio e acquisire le forze e le capacità per affrontare la ricerca di finanziamenti.
A partire dalle startup nella fase cosiddetta seed fino alle grandi imprese solide e affermate, invece, praticamente chiunque può fare crowdfunding. Se sussistono gli altri requisiti che vedremo nei prossimi paragrafi.
Ricordiamo soltanto, qui, che il crowdfunding è aperto a tutte le forme giuridiche d’impresa, sia srl sia spa.
Il modello di business
Ci sono modelli di business che sono più adatti al crowdfunding di altri, ma sono davvero pochi quelli che per loro natura non sono compatibili con questo tipo di raccolta di capitali.
È importante, tuttavia, analizzare tale compatibilità, perché qualche volta il gioco potrebbe non valere la candela o potrebbero entrare in gioco altri fattori ostativi. Al contrario, un punto di partenza apparentemente svantaggioso potrebbe essere controbilanciato da altri punti di forza.
Per esempio, un b2b può essere avvantaggiato nella ricerca di investitori rispetto a un b2c, ma d’altra parte un b2c può essere facilitato nella comunicazione e nel coinvolgimento e avere una base di potenziali investitori più ampia.
Un business con un mercato (reale o potenziale) molto vasto è avvantaggiato rispetto a uno che si rivolge a una nicchia, ma d’altra parte le nicchie spesso sono fatte di clienti più coinvolti e fedeli e con un budget di spesa più alto.
Un’impresa che realizza prodotti o servizi ipertecnologici può risultare più appetibile e più attraente da comunicare, ma è anche vero che un’impresa che si occupa di prodotti o servizi di uso quotidiano è più immediatamente comprensibile e vicina alle persone.
Sono solo tre esempi di variabili, che dimostrano come non si possa escludere a priori il crowdfunding per un determinato modello di business, ma occorra analizzarlo da diversi punti di vista per confrontare pro e contro e avere chiare le proprie armi a disposizione.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che “crowdfunding” vuol dire tante cose: esistono vari tipi di crowdfunding e ciascuno di essi può essere più adatto ad alcuni modelli di business piuttosto che ad altri. L’esempio più lampante è il reward crowdfunding, che è particolarmente calzante per i business di prodotto, meno per quelli di servizi.
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I fattori chiave per un progetto adatto al crowdfunding: comunicazione e marketing
Vogliamo che tutti prendano in considerazione il crowdfunding, non si fermino alle apparenze e non si facciano scoraggiare dalle difficoltà. Ma non vogliamo che tutti facciano crowdfunding. Qualche volta non è la scelta giusta e bisogna riconoscerlo prima di sprecare tempo e denaro.
E anche quando il crowdfunding sembra essere effettivamente la scelta giusta, lo è solo se si sa a cosa si va incontro davvero.
Lo ripetiamo sempre: il crowdfunding è un’operazione di marketing. Per fare una campagna di crowdfunding di successo, quindi, è necessario saper comunicare, voler comunicare e impostare una strategia di marketing precisa e robusta.
Questo significa investire risorse economiche e umane in comunicazione e marketing, dedicare tempo alla coltivazione della community, mettere la faccia e non solo il brand a disposizione degli interlocutori. Chi non è disposto a fare tutto questo, e magari a studiare per imparare come farlo, non è adatto fare crowdfunding.
Non è necessario avere già una community enorme, un vasto seguito sui social, un database di clienti sterminato, un team marketing affollato e agguerrito, né essere esperti di software e nuove tecnologie. Tutte queste cose aiutano, eccome, e costituiscono un punto di partenza privilegiato. Ma chi non le possiede, o le possiede solo in parte, può costruire la propria strada verso il crowdfunding se si pone nella disposizione di imparare, lavorare duro e creare un asset che sarà utile per tutto il resto della vita dell’azienda.
Il risultato di una campagna di crowdfunding, infatti, non viene dal caso né dalla fortuna: per il 90% è il frutto dell’impegno di chi la fa.
Gli attori del crowdfunding
L’ultima tappa del processo di autoanalisi per capire se tu e il tuo progetto siete adatti al crowdfunding riguarda la conoscenza dei ruoli all’interno del crowdfunding stesso. Solo se sai chi sono e dove si posizionano gli altri giocatori puoi trovare il tuo posto sul campo e svolgere il tuo ruolo correttamente.
Sai quali sono le regole delle piattaforme di crowdfunding e quali sono le attività svolte da questi portali nell’ambito delle campagne di crowdfunding?
Sai chi sono i potenziali investitori in crowdfunding e come si comportano?
Sai di quali figure professionali hai bisogno per fare una campagna di crowdfunding?
Quest’ultima domanda può avere molte risposte. Per esempio, per fare equity crowdfunding c’è bisogno di un notaio per i documenti obbligatori, per molti aspetti burocratici e amministrativi di qualsiasi campagna è necessario rivolgersi al commercialista e/o a un legale. Ma per imparare a fare crowdfunding e/o massimizzare l’efficacia di una campagna può essere utile anche richiedere una consulenza: Turbo Crowd saprà darti le risposte corrette alle prime due domande di questo paragrafo (non così ovvie come sembrano!) e fornirti strumenti e supporto strategico per la tua campagna di crowdfunding.
Il primo supporto che possiamo darti è aiutarti a capire se il tuo progetto è adatto al crowdfunding: raccogli informazioni nel nostro blog e nel nostro gruppo Facebook, poi prova il nostro Crowdometro!
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