L’equity crowdfunding, come tutti gli strumenti nuovi e veicolati dal web, può suscitare negli imprenditori che non lo conoscono timori relativi ai suoi rischi. Conoscere a fondo questa modalità di raccolta di capitale e apprendere in anticipo gli errori da non fare è la strategia dell’imprenditore consapevole per ridurre al minimo i rischi, che esistono come in qualsiasi altra attività di business.
Per un’infarinatura generale ma completa rimandiamo al nostro articolo corredato di video sulle basi del crowdfunding, mentre qui approfondiremo i principali rischi dell’equity crowdfunding e gli errori da non fare per evitarli.
Equity crowdfunding: i rischi
L’equity crowdfunding va considerato come una delle tante attività che una società svolge per portare avanti il suo business e, in quanto tale, presenta dei rischi, molti dei quali sovrapponibili a quelli che si sperimentano per tutte le altre attività.
Vediamo i principali:
- perdita di tempo e risorse. Il rischio più ovvio è quello che una società corre per qualsiasi attività decida di compiere. L’equity crowdfunding, non ci stanchiamo mai di ripeterlo, non è un passatempo o un’attività collaterale che si possa svolgere con una mano sola, bensì richiede tempo e risorse, sia umane sia economiche, specificamente dedicate. In caso di fallimento della campagna, saranno tempo e risorse persi senza alcun ritorno economico o di altro tipo. Ma anche in caso di successo della campagna, se tempo e risorse non vengono gestiti adeguatamente si possono subire danni in altri settori dell’azienda.
- Non conformità alla normativa. L’equity crowdfunding è uno strumento finanziario complesso con una normativa specifica e adempimenti burocratici obbligatori, che in caso di non conformità determinano sanzioni finanziarie o legali.
- Divulgazione di informazioni sensibili. Fare una campagna di equity crowdfunding significa esporsi e presentarsi in modo trasparente ai potenziali investitori, e questo potrebbe anche richiedere di condividere informazioni aziendali sensibili, che i competitor o altri soggetti potrebbero sfruttare.
- Rischio reputazionale. L’esposizione, in qualsiasi ambito, implica sempre un certo grado di rischio di “fare brutta figura”. Se la campagna di equity crowdfunding fallisce oppure anche solo se la comunicazione non viene curata a dovere e cade in una gaffe, la reputazione della società ne risente con una perdita di credibilità e di appetibilità di vario grado.
- Disallineamento con le aspettative degli investitori. Gestire gli investitori in seguito alla campagna è una responsabilità delicata, che se non presa abbastanza sul serio può fare molti danni anche quando la partita sembra chiusa. Se le comunicazioni non sono costanti e trasparenti, si genera sfiducia negli investitori, creando fragilità e alimentando i danni reputazionali di cui sopra.
Per semplificare basterebbe dire che per ridurre al minimo questi rischi è necessario e sufficiente “fare le cose per bene”, ma preferiamo andare a fondo della questione e spiegare cosa questo significhi nel concreto e quali errori è fondamentale evitare per portare al successo una campagna di crowdfunding.
Pensare che la piattaforma porti investitori
L’errore più grande in assoluto che si nota in chi approccia l’equity crowdfunding è pensare che mettendo un progetto su una piattaforma arrivino automaticamente investitori, dalla base di utenti iscritti alla piattaforma stessa. Ma la piattaforma è solo un megafono: se la società non parla, il megafono non ha nulla da amplificare.
L’azienda deve comunicare l’esistenza della campagna, sponsorizzarla e portare i primi e più consistenti investitori, poi la piattaforma potrà generare un effetto traino a partire da quelli. Se manca la base, il contatore della campagna sul portale rimane tristemente fermo, con un effetto reputazionale negativo e altissime probabilità di fallimento della campagna.
Gli investitori da andare a cercare, come abbiamo spiegato in un precedente articolo, sono i clienti e i potenziali tali. Questi formano lo zoccolo duro imprescindibile, solo dopo averli raggiunti si possono andare a cercare business angel e altri investitori istituzionali.
Non avere una strategia di marketing strutturata
Concepire l’equity crowdfunding come un’operazione finanziaria è un grave errore che conduce a sottovalutare l’importanza della strategia di marketing. L’equity crowdfunding, infatti, è innanzitutto uno strumento di marketing, finalizzato a vendere l’azienda stessa nella forma delle sue quote di partecipazione.
Limitarsi a comunicare la campagna sui propri social con pochi post generici non è una strategia di marketing, bensì solo una perdita di tempo. Individuare con precisione il target di riferimento, pianificare una comunicazione ad hoc su tutti i canali opportuni, stabilire cosa comunicare, a chi comunicarlo e quando, creare un database in cui gestire i contatti, coltivare i rapporti, strutturare un percorso di accompagnamento all’investimento: questo (e altro) costituisce una strategia di marketing.
È una fase delicata, in cui bisogna costruire relazioni trasparenti e stimolanti con gli investitori, fare attenzione a non perdere nessun contatto prezioso per strada e a non fare promesse ingannevoli, costruire un’immagine coerente e solida dell’azienda.
Saltare la fase di precrowd
Elemento fondamentale della strategia di marketing di cui abbiamo appena parlato è la fase di precrowd. Non basta un paragrafo per spiegarne l’importanza, e infatti le abbiamo dedicato un articolo specifico.
La preparazione della campagna comprende attività imprescindibili come sponsorizzazione, posizionamento, ricerca investitori, raccolta di manifestazioni di interesse, pianificazione e sperimentazione di tutte le azioni che verranno portate avanti in campagna. Solo così è possibile arrivare con una struttura solida alla campagna, avere già una base di sostegno ed evitare di scontrarsi con un contatore fermo nei primi giorni, che sono quelli più importanti, e di sprecare risorse in una missione impossibile, come è quella di portare al successo una campagna partendo da zero il giorno di apertura online.
Durante il precrowd non c’è il contatore attivo, quindi l’esposizione è di gran lunga inferiore ed è il momento di mettere a punto le strategie vincenti.
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Mescolare marketing e sales
Tra vedere un post che sponsorizza una campagna di equity crowdfunding e investire in quella campagna c’è un salto notevole: la parte di marketing necessita anche una parte di sales, altrimenti si sprecano molte risorse nel marketing senza un risultato concreto. La parte di marketing prequalifica i contatti, ma è poi il ruolo del reparto sales condurre quei contatti a finalizzare l’investimento, altrimenti il rischio che cadano nel vuoto è alto.
Marketing e sales vanno integrati con appositi strumenti di CRM (Customer Relationship Management), ma non sovrapposti o sostituiti l’uno all’altro.
Sottovalutare gli adempimenti burocratici
La burocrazia è noiosa, si sa, ma è anche molto pericolosa quando viene presa sotto gamba. Prima di poter iniziare a fare qualsiasi cosa relativa a una campagna di equity crowdfunding, è fondamentale mettersi in pari con gli adempimenti burocratici, per evitare sanzioni potenzialmente compromettenti.
La sollecitazione di pubblico risparmio è un reato: prima di aver pubblicato un documento di offerta stilato con un notaio che contenga tutte le specifiche e le condizioni dell’investimento proposto non è possibile sponsorizzare la campagna, nemmeno in fase di precrowd.
Un altro documento fondamentale è l’aumento di capitale, che va a indicare l’aumento di capitale sociale che costituisce l’obiettivo della campagna. Non è solo un valore numerico, ma anche un valore temporale: fare un aumento di capitale lungo almeno 2 anni è una strategia vincente perché consente di fare più campagne senza dover tornare da un notaio (risparmiando tempo e soldi) oppure di allungare la campagna in corso, o ancora di metterla in pausa e poi riprenderla in caso di problemi.
Considerare la campagna come un’attività marginale
Molte società fanno l’errore di considerare la campagna di equity crowdfunding come un’attività marginale, slegata dal resto delle attività aziendali, accessoria, e in quanto tale non meritevole di tempo, persone e budget dedicati. Niente di più sbagliato: una campagna di equity crowdfunding è una linea di business a sé stante nella forma di una campagna marketing, perciò richiede i tre elementi che abbiamo appena elencato. Non prevedere sufficienti tempo, risorse e denaro genera una campagna raffazzonata, con alte probabilità di fallimento.
Non fare comunicazione post campagna ai soci
Adagiarsi sugli allori è sempre pericoloso. Pensare che una volta chiusa con successo una campagna di equity crowdfunding si possa chiudere quel capitolo e dimenticarlo è un errore che costa caro. Gli investitori sono ora dei soci, quindi si aspettano non solo di vedere mantenute le promesse che li hanno convinti a investire, ma anche di sapere come verranno impiegati i loro soldi!
Non è solo per lealtà che devi mantenere viva la relazione con gli investitori, ma anche perché essi sono i potenziali sostenitori di una futura seconda (terza, quarta ecc.) campagna di crowdfunding e sono innanzitutto dei clienti. Sono un asset che devi portarti dietro per sempre. Se li trascuri, li perdi, con conseguente danno reputazionale ed economico.
Come evitare di fare errori nell’equity crowdfunding?
La risposta è semplice: metterci la testa. Dedicare il giusto tempo a questa attività, soprattutto se completamente nuova, studiare i dati, leggere libri sul tema, informarsi online, raccogliere esperienze di prima mano. Se questo non dovesse bastare, perché è impegnativo fare tutto da soli, affidarsi a professionisti piuttosto che fare tentativi a casaccio. Che sia una consulenza specifica oppure un affiancamento lungo tutto il percorso, il supporto di chi ha conoscenze pratiche derivanti dall’esperienza sul campo può fare davvero la differenza.
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